Digitalizzazione: una questione di cultura d’impresa

Lo scenario pandemico ha portato le PMI ad accelerare il processo di trasformazione al digitale ciononostante, ad un anno dall’emergenza, è emerso quanto questo termine implichi un approccio che vada ben oltre alla semplice introduzione di alcuni strumenti ma consista in una vera e propria visione verso un cambiamento culturale profondo e sistemico.

Affinché il digitale – inteso come cultura- sprigioni il proprio potenziale e converta gli sforzi sottesi ad un cambio di visione, occorre che diventi un approccio sistemico, organico e non una metodologia da applicare in riposta ad una necessità impellente.

L’analisi delle Pmi manifatturiere

Questo spiega perché quanto fatto durante l’emergenza, per alcune realtà, non risulti sufficiente, facendo emergere forti gap culturali. Le cause del permanere di tali lacune dipendono dalla mancanza di competenze e formazione in ambito digitale.

Questo è uno degli scenari emersi in occasione della giornata di apertura della Fiera A&T – Automation & Testing – tenuta il 10 febbraio, in cui sono stati presentati i dati della ricerca PMI, industria e digitale, la sfida è adesso, curata dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano.  La ricerca è stata condotta su un campione di 504 osservazioni rappresentative della popolazione di 69 mila PMI manifatturiere nel mese di dicembre 2020. Dall’analisi è emerso che solo il 14% ha un approccio strategico al digitale in grado di coinvolgere tutto il modello di business; dallo sviluppo del prodotto, rapporti di filiera, marketing e vendite.
Le realtà in grado di farlo sono aziende più grandi e redditizie la cui conduzione non si configura come familiare; collocate al Nord d’Italia e con una tendenza all’export.

Una percentuale significativa, un 57% mostra un “approccio tattico” che consiste in una tendenza al digitale per obiettivi e finalità specifiche, confermando quanto la lacuna culturale sia una realtà.

Il 29% si approccia al digitale secondo una logica causale, legata ad uno stimolo o richiesta esplicita esterna; con investimenti esigui e circoscritti a determinate attività e difficilmente capitalizzabili nel lungo periodo.

Titolari di impresa e manager dimostrano un crescente interesse per la formazione strategica in questo ambito, facendo registrare un + 20% rispetto al 2019: il 67 % investe tempo sull’aggiornamento professionale anche se sporadicamente. Significativa la percentuale di imprese che non hanno alcun responsabile dedicato all’ICT, il 40%.

Mancanza di adeguate competenze digitali

Da questi dati emerge uno scenario che evidenzia una scarsa dimestichezza da parte delle PMI manufatturiere con le tecnologie di Industrial IoT in fabbrica. Il 65% conferma di non conoscerle, solo il 9% le applica, anche se l’interesse è in aumento. Stessa situazione per l’uso del digitale nei rapporti lungo la supply chain, in ampliamento, ma comunque ancora marginale (software 35%, sensoristica 7%).

Positivi, invece, i dati relativi all’utilizzo di strumenti a supporto delle vendite, all’amministrazione e nell’ambito della finanza e controllo, anche se resta poco diffusa la capacità di integrare i processi tra loro.

Il diffondersi del lavoro da remoto ha accresciuto la percezione del rischio e la necessità di ricorrere ad adeguati sistemi di protezione dei dati (38%), mentre dall’altra ha stimolato il diffondersi di software in cloud per agevolare la gestione delle comunicazioni e la collaborazione tra i dipendenti (39%).

Verso un’identità ibrida

Secondo Luciano Malgaroli, Fondatore della Fiera A&T, sottolinea quanto la ricerca mostri in modo chiaro le difficoltà dei piccoli imprenditori a pianificare un sviluppo prospettico sul lungo periodo, riducendo le potenzialità offerte dall’innovazione e dalla trasformazione digitale. Non basta informatizzare i processi per rendere la propria azienda 4.0. Un’innovazione profonda e duratura passa inevitabilmente nella ridefinizione di un modello di azienda caratterizzata da un’identità ibrida capace di includere una conoscenza legata all’innovazione degli impianti e dei processi a quello dell’industrial analytics finalizzati al miglioramento della performance produttiva:

  • qualità elevata,
  • valorizzazione dei dati,
  • razionalizzazione degli sprechi,
  • certificazione in termini di sicurezza e di sostenibilità

Logica Liquida

Giorgia Sali, direttrice dell’Osservatorio Digitale delle Pmi del Politecnico di Milano, sottolinea come dall’analisi effettuata emerga chiaramente come le piccole e medie industrie italiane, oltre ad un ritardo rilevante in fatto di digitalizzazione, in fatto di processo e visione, non siano poi riuscite ad avere lo slancio necessario a cogliere l’opportunità della pandemia per ridisegnare il proprio modello di business, nonché la propria cultura aziendale secondo una logica liquida. Non basta essere reattivi o tattici, occorre essere strategici. La vera sfida non è solo implementazione tecnologica, ma soprattutto cultura e analisi, pianificare e agire in rete per cogliere tutte le grandi opportunità offerte dall’innovazione.

Già dall’analisi del 2020 era stata evidenziata una scarsa maturità digitale delle microimprese e la relativa compromissione della loro reale competitività nel mercato globale. Per questo motivo è più che mai urgente educare all’azione piuttosto che alla reazione, orientare le attività alla pianificazione strategica di lungo periodo, piuttosto che alla tattica emergenziale e assorbire la digitalizzazione, integrandola nei diversi processi di business.

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